mercoledì 30 aprile 2008

Joe R. Lansdale - La sottile linea scura


(A fine dark line), 2003
Einaudi, 2004

pagg.6-8
Il nostro drive-in, il Dew Drop, si trovava giusto dentro i confini della città, proprio di fronte a uno sciccoso quartiere residenziale. Sono certo che gli abitanti di quel quartiere storcevano la bocca davanti al drive-in e al servizio che forniva ai poveri cristi della città, o più precisamente ai loro figlioli, che da noi potevano entrare al costo di un dollaro a macchina.
Il Dew Drop era uno di quei drive-in che hanno per schermo il muro di una casa di abitazione. Non ce n'erano molti, di quel genere; di solito, lo schermo era poco più d'un pannello di legno o di metallo, assicurato a un'intelaiatura di grandi dimensioni. Chi aveva messo su il Dew Drop, invece, aveva avuto la vista lunga e fatto le cose in grande.
Lo schermo del Dew Drop era, in effetti, un massiccio palazzo dall'aspetto di un fortino da film western. Su una fiancata era stato dipinto un murale che raffigurava indiani ben ricoperti da penne, che se la filavano a cavallo inseguiti da una carica di soldati anch'essi a cavallo, inappuntabili nelle loro uniformi blu e berrettini bianchi. Dalle pistole e dai fucili dei soldati spuntavano nuvolette di fumo biancastro, che stavano a indicare una sparatoria, e un indiano era stato giustappunto colpito e, caduto a terra, destinato a mai più cavalcare o a scalpare chicchessia.
(…)
Un uomo di colore, di nome Buster Abbot Lighthorse Smith, che era già stato alle dipendenze del precedente proprietario, faceva da proiezionista. Era vecchio, astioso, dall'aria robusta, diceva ben poco. Per lo più, faceva il suo. Era un tipo così tranquillo da farti scordare che stava lì. Se ne arrivava a piedi un'oretta prima dell'inizio dello spettacolo, faceva quel che doveva fare, riponeva la pellicola al termine della proiezione e se ne andava.
Mia madre e mio padre tenevano aperto il drive-in dal lunedì al sabato, temporali e profondo inverno esclusi. Anche nel Texas orientale capitava che facesse troppo freddo per andarsene al drive-in.
Proprio per questo chiudevamo una settimana prima di Natale, per riaprire non prima dell'inizio di marzo. In quei mesi papà riparava gli altoparlanti, scaricava del brecciolino nuovo, faceva lavoretti di imbiancatura e carpenteria.

pagg.158-159
Quel pomeriggio Buster non si fece vedere. Era un periodo che arrivava presto, ma alla sua solita ora di lui non c'era ancora traccia. E ancora niente, più tardi, quando avrebbe dovuto già essere in servizio.
- Ma dove diavolo è finito, quel figlio d'un cane?
Eravamo in veranda, accanto al banco degli snack. - Mi ha detto che se oggi non si faceva vivo, è perché stava poco bene.
Papà mi scrutò con due occhi d'acciaio, e per un istante pensai «Adesso mi sgonfio». - Perché non me l'hai detto prima? - fece poi.
- M'è passato di mente. Mi ha detto che non si sentiva bene, che forse non sarebbe venuto. Io invece ho pensato che ce l'avrebbe fatta, e così me ne sono scordato.
- Ah, è così?
- Sissignore… ma posso cambiare io le bobine.
- Davvero?
- Buster mi ha insegnato come si fa.
- Bene. Molto bene. Va' a metter su il film, figliolo. Stasera, il proiezionista lo fai tu.
(…)
Quella sera proiettai un western con Randolph Scott, e andò tutto liscio, con soltanto un breve ritardo tra una bobina e l'altra, salutato con gran strombazzare di clacson e urla assortite, ma riuscii a sbrigarmela alla svelta, e al termine del film già mi sentivo un professionista. Papà venne persino a portarmi hamburger, coca e patate fritte.
Sistemò il mio pasto sul tavolino accanto al proiettore. - Che ne diresti di prendere il posto di Buster? - mi chiese.
Tutta la mia baldanza svanì. Non mi sentivo mica più tanto bene.
- Oh, no, Papà. Ho fatto casino, con quella bobina. Non è andata così liscia.
- Hai fatto un buon lavoro, veloce quanto basta. Un po' di esercizio non ti farà che migliorare.
- Papà, non credo che sia il caso. È il lavoro di Buster.
- Tu e quel vecchio negro siete proprio diventati amici, eh?
- Sissignore.
- Stanley, questo lavoro puoi farlo benissimo tu. Se poi accetti, i soldi che ti pago restano in famiglia. E, a dirla tutta, posso permettermi di darti meno che a Buster. Fin quando non ti sarai fatto un po' d'esperienza.

domenica 27 aprile 2008

Ne le dis à personne

Uno pensa che gli unici film che non arrivano in Italia, quelli che noi spettatori perdiamo a causa delle scelte dei distributori, siano solo film d'autore, film difficili, o film di paesi talmente lontani geograficamente che da noi non hanno tradizione cinematografica.
Invece tra di essi ci sono anche film che nella vicina Francia attirano più di 3 milioni di spettatori e fanno man bassa di premi, e sono quindi opere che uniscono qualità commerciali a doti intrinseche di trama, regia e recitazione.

Ne le dis à personne ha vinto 4 Premi César (miglior regia - Guillaume Canet, attore protagonista - François Cluzet, montaggio e musica originale) dalle sue complessive 9 nominations, ed è uno di quei meccanismi perfetti per ingolosire il pubblico: incastro ben congegnato di storia d'amore e thriller in cui lo spettatore sa qualcosa di più dei protagonisti ma non troppo, ragion per cui fino all'ultimo ci sono dei colpi di scena. Buona parte della storia è tipicamente hitchcockiana, con un innocente che cerca di sfuggire alla polizia che lo bracca e contemporaneamente è lui stesso alla ricerca di una verità che per ben otto anni gli è stata negata. Il pre-finale è forse un po' didascalico nel voler spiegare in dettaglio tutto quanto è successo nella notte misteriosa da cui si dipana tutta la storia, ma alcuni accorgimenti di puro mestiere riescono a mantenere alto l'interesse. Si tratta anche di una produzione piuttosto costosa, con scene di inseguimento girate in città (c'è addirittura un megatamponamento in una trafficatissima tangenziale) e un cast foltissimo che contiene diversi attori importanti come la bellissima Marie-Josée Croze, l'ottimo André Dussolier e in ruoli più di contorno Nathalie Baye, Jean Rochefort e Kristin Scott-Thomas oltre all'emergente Marina Hands (vincitrice del César come miglior attrice con un altro film, Lady Chatterley, che ha vinto il premio per miglior film ed è anch'esso ignoto in Italia).
C'è poi una constatazione che viene immediato fare. Ne le dis à personne è solo l'ultimo esempio di una tradizione francese di produrre film entertaining, destinati al grande pubblico, di genere thriller o d'azione (basti pensare nel passato ai film di Luc Besson o più recentemente a I fiumi di porpora e a 36) che acquisiscono molti concetti o tecniche hollywoodiane ma rielaborandole in modi e ambientazioni tipicamente francesi. In Italia saranno almeno 30 anni che non si fanno più film così, essendo il nostro cinema mainstream tutto appiattito tra le commedie e i drammi psicologici. Il film nostrano più simile a questi (che non a caso ha avuto un discreto successo in Francia) è Romanzo criminale di Michele Placido, che però è un po' penalizzato dal milieu politico in cui è calato. Io non credo che in Italia manchino i mezzi produttivi e il pubblico per ottenere successo con film di questo genere. Le storie ci sono (basta pensare a tutti i bravi scrittori di noir emersi negli ultimi tempi), gli attori pure, i registi... forse! ma soprattutto ci vuole il coraggio di investire.

venerdì 4 aprile 2008

Hugo Claus - La sofferenza del Belgio

(Het verdriet van Belgie), 1983
Feltrinelli, 1999

pagg.468-470
"Potremmo andare al cinema, ma non c'è niente," disse Papà. "Reitet für Deutschland, Cavaliere per la Germania, con Willy Birgel, è di sicuro interessante, un uomo che cavalca per la gloria del suo paese, insegna che ci si può rendere utili in tutti i settori, ma non ho la testa ai cavalli in questo periodo. Al Vooruit danno Jansses en Peeters, ma è recitato in dialetto anversese e noi non capiremmo una sola parola."
"Al Cameo danno..." iniziò a dire Louis.
"Louis, per favore!"
"Étoile d'amour."
"Appunto! Un vaudeville francese. I francesi non sanno fare altro che film sull'amour toujours con le donne in sottoveste. È uno scandalo che i fiamminghi di Walle permettano certi film nella loro città. Prima della guerra, quando davano un film decadente, andavamo tutti insieme a tirare calamai contro lo schermo, quelli erano tempi più seri."
Louis decise di andare appena possibile allo spettacolo pomeridiano del Cameo. Poiché era decadente. (...)

Quella stessa sera, al Cameo, Ginette Leclerc, una smorfiosetta con la zazzera che le arrivava oltre le sopracciglia, rimase per alcuni minuti in sottoveste e calze nere, mentre un operaio con la testa da topo la consolava carezzandole i fianchi fasciati dalla sottoveste bordata di piumine nere. Louis lo accompagnò nelle carezze e poi si accarezzò la patta. Durante un lunghissimo inseguimento nella metropolitana di Parigi fra polizia e banditi, mentre le stridule voci francesi rimbombavano contro interminabili pareti di mattonelle chiare, Louis dal suo palco di prima fila guardò verso la platea e vide distintamente, sebbene più vagamente rispetto alle violente immagini in bianco e nero dello schermo, il cranio calvo e rosso di suo padre che sedeva immobile col cappello sulle ginocchia; soltanto la mano si muoveva e prendeva meccanicamente da un sacchetto delle caramelle e le portava alla bocca invisibile.
Poco prima della fine, che gli avrebbe mostrato soltanto l'interminabile ricongiungimento dei due babbei francesi, Louis corse a casa a gran velocità.
"Com'era?" domandò al padre.
"Cosa?"
"La riunione al Groeninghe."
"Ah, già. Di nuovo i soliti litigi fra Vnv e Devlag. Come potrà mai nascere una fusione? Ciascuno difende i propri interessi contro gli altri. Questa è la disgrazia delle Fiandre, paghiamo lo scotto di tutti quegli anni di intrighi democratici."

mercoledì 2 aprile 2008

ANG PAGDADALAGA NI MAXIMO OLIVEROS (Auraeus Solito, 2005)

Maximo Oliveros, detto Maxi, è un ragazzino che vive in uno slum di Manila con il padre e due fratelli. Per la morte prematura della madre, ed essendo il più piccolo dei fratelli, Maxi si occupa di tutte le faccende di casa, è in pratica la donna della famiglia, e probabilmente proprio per questo è molto effeminato.
Il caso vuole che Maxi si innamori di Victor, un poliziotto da poco giunto a Manila, che sta indagando sugli affari illeciti che si svolgono nel quartiere dove vive Maxi e che hanno come protagonisti tutti e tre i suoi familiari. Gli avvenimenti tragici che ne seguiranno porteranno Maxi ad una grande crescita, alla sua vera fioritura come nuova persona.

È il primo film filippino che mi capita di vedere, e devo dire che si è trattato di una esperienza estremamente positiva, a tratti addirittura eccitante. Peccato solo per averlo dovuto vedere in divx sul televisore di casa, la visione cinematografica sarebbe stata pienamente coinvolgente.
Due sono le cose che mi hanno colpito: innanzitutto la delicatezza con cui è tratteggiato il personaggio di Maxi, che poteva facilmente scadere nello stereotipo del meninho da rua o del giovane prostituto e invece, grazie anche alla bellissima interpretazione del giovane Nathan Lopez, è un personaggio vivo, autentico e per il quale si prova un sincero affetto. Anche l'evoluzione di Maxi avviene senza colpi di scena, sono passaggi molto graduali contraddistinti dal progressivo cambiamento nell'abbigliamento di Maxi: dalle iniziali canottierine da bambina (e travestimenti da Miss Filippine) a più normali t-shirt per finire con la camicetta da bravo ragazzo che Maxi vestirà per il suo primo lavoro.
Il secondo aspetto veramente degno di nota è l'ambientazione realistica, a tratti quasi documentaristica, nei quartieri popolari. Il regista Auraeus Solito ci immerge letteralmente in questi ambienti, andando a insinuare la mdp fino negli angoli più nascosti, riprendendo anche da posizioni insolite pur di essere presente in ogni anfratto di quel formicaio umano. A rendere ancora più viva questa descrizione è la colonna sonora, costituita da un tappeto sonoro ininterrotto di rombi di motorini, schiamazzi di bambini, clacson di automobili. Le musiche originali sono poi straordinarie: brani strumentali di piano o chitarra acustica, entrambi volutamente distorti e non accordati, creano un forte effetto di esotismo ma per nulla di maniera.
In una parola, una vera rivelazione, un film assolutamente da vedere e che non a caso ha fatto razzia di premi in tutto il mondo (anche a Berlino, Rotterdam e al Gay & Lesbian film festival di Torino).