giovedì 28 febbraio 2008

Dead man's shoes


Siamo in periodo di serial killer, con l'Oscar assegnato all'implacabile Javier Bardem di No country for old men, e allora vado a ripescare questo notevole film del 2004 di Shane Meadows, in cui l'implacabile uccisore è un apparentemente miscasted Paddy Considine, tra l'altro coautore della sceneggiatura.
Meadows solitamente ambienta i suoi film nelle Midlands dell'Inghilterra, e questo mi porta ad associare le sue ambientazioni con quelle dei romanzi di David Peace (anche se costui si situa nello Yorkshire, quindi più a nord), per via dell'ambiente più provinciale e più arcaicamente violento, in cui la modernità irrompe con effetti devastanti. Il sapore di questo film comunque assomiglia davvero molto a quello di 1977 o 1980, nero nero ma con squarci imprevedibili di umorismo.
Shane Meadows ha tante qualità che ne fanno un regista veramente ottimo, soprattutto per la sua ancora giovane età (è del 1973, e ha già fatto un buon numero di film). Intanto sa girare da dio, poi intreccia con sapienza immagini realizzate in formati diversi, il che gli permette di catturarci con quella che è una costante dei suoi film: il ricordo, la memoria e la malinconia degli anni in cui lui era giovane (tema portante del suo ultimo bellissimo e ovviamente non distribuito in Italy This is England). Il tutto occupandosi di generi diversi e con un'adesione talmente empatica ai suoi protagonisti, tutti rigorosamente popolari quando non proletari, che fa parlare di lui come del nuovo Mike Leigh. Io ci spero che sarà così, di sicuro il buon Shane ha tutte le carte in regola per diventare anche meglio di Mike Leigh. E spero che finalmente qualcuno se ne accorga anche in Italia, anche se so già che quando questo capiterà i suoi film verranno lanciati come i nuovi Trainspotting.

mercoledì 20 febbraio 2008

Mauro Curradi - Junior

Meridiano Zero, 2005

pagg.220-221
All'una sua moglie era pronta, indecisa se portare o meno il cappellino. L'unico che aveva era servito, finora, per matrimoni e funerali. Elsa si chiese se il film era davvero speciale. No. Era un film come un altro. Uscito nel 1939, mentre in Europa stava scoppiando la guerra e l'Italia si godeva l'ultimo anno di pace, durante il quale si poteva ancora sperare di vedere quella pellicola. (...) All'ingresso del Politeama di Prato erano parcheggiate due vespe e qualche Lambretta. Ai due lati, i giganteschi manifesti del film. Rossella O'Hara, esordiva l'autrice del libro, non era quel che si dice una grande bellezza, ma raramente gli uomini se ne accorgevano.
Per fortuna, al momento di uscire Elsa si era messo il cappello, e si era anche truccata. Entrarono a film cominciato. La gente era in piedi. Nel buio della sala, l'acre odore del fumo si colorava dei riflessi cangianti provenienti dallo schermo, dove - tra matrimoni, vedovanze, guerre, voglia di lusso, bisogno di soldi - si svolgeva la storia di una generazione che non si arrendeva alle avversità della vita. Finché, nella scena famosa - tra esclamazioni, commenti, sospiri di donna - l'eroe mascalzone si caricava in collo la moglie per obbligarla a salire il fastoso scalone tappezzato di rosso e raggiungere il letto dove l'avrebbe finalmente costretta a obbedirgli, qualunque cosa volesse.
- Oh Nini...
Nini in Toscana non si chiama nessuno eccetto, forse, qualche immigrato proveniente dal Sud ("gente di giù" dicono ancora i pratesi). "Oh Nini" non è che un vocativo, generalmente rivolto da una donna al suo uomo. In questo caso, un operaio comunista in cerca di giustizia sociale e di quel po' di benessere necessario a mantenere moglie e due figli.
- Oh Nini... - ripeté l'Elsa stringendo il braccio al marito.
- Icché t'ha?
- O come sono squallide le nostre vite.
- Vorresti anche tu una vestaglia di damasco?
- 'un è damasco. È velluto. Velluto di seta.
- 'un è roba per noi.
- Perché?

mercoledì 13 febbraio 2008

El Bonaerense

C'è a volte una coincidenza tra la rinascita sociale e culturale di un paese e l'avvio o la rinascita della sua cinematografia: è successo in Italia nell'immediato dopoguerra, sta succedendo in questi ultimi anni in Romania, è avvenuto pochi anni fa in Argentina. In particolare negli anni tra il 2000 e il 2005 l'Argentina, pur con mezzi finanziari non certo eccezionali, ha visto l'affermarsi un numero notevole di nuovi registi che hanno stupito perché hanno realizzato film non solo belli ma anche di generi tra loro molto diversi, dal favolistico alla commedia a film crudamente realistici.
Pablo Trapero si situa prevalentemente in quest'ultimo filone: i suoi film sono fortemente ancorati alla realtà, arrivando quasi al taglio documentaristico, sul mondo del lavoro (Mondo grua) e su quello familiare (Familia rodante).
El Bonaerense, del 2002, è il suo secondo lungometraggio ed è un film ruvido, per certi versi spietato nel raccontare la storia di Enrique Mendoza detto "el Zapa", il più classico uomo senza qualità che si lascia trascinare da persone poco raccomandabili in affari che non è in grado minimamente di gestire. Quando pensa di essere diventato un capetto della polizia (la Bonaerense è la polizia municipale di Buenos Aires e quindi il titolo del film significa "il poliziotto"), el Zapa emula stupidamente i comportamenti corrotti dei suoi superiori, senza capire che si sta soltanto ficcando nei guai. Un altro aspetto di notevole interesse del film è la descrizione secca di Buenos Aires, metropoli caotica e vera e propria "giungla d'asfalto" che viene contrapposta alla campagna da cui proviene el Zapa, luogo non certo idilliaco ma almeno a maggior misura d'uomo. Che bello poi percepire in modo così realistico il melting-pot argentino dai nomi dei personaggi: "el Polaco", Gallo, Molinari, Caneva, Lanza...
Credo infine che la totale assenza di buonismo e di eroismo di cartapesta (quelli che imperversano in modo insostenibile nelle fiction tv dedicate ai nostri poliziotti, finanzieri, marinai, ecc ecc) sia la causa per cui i distributori italiani hanno deciso di non comprare questo film.

sabato 9 febbraio 2008

Joe R. Lansdale - Atto d'amore


(Act of love), 1981
Fanucci, 2004

pag.163-164
Rachel scoppiò a ridere. «A che ora passa Tommy?»
«Alle otto.»
«Dove andate?»
«Al cinema.»
«Posso chiedere quale?»
«No, non devi starmi addosso come se fossi una bambina.»
«Sei solo una piccola bambina.»
«Al Redland.»
«Un drive-in?»
«Se non ha cambiato ragione sociale stanotte.»
«A papà non piace che tu ci vada.»
«Avrà paura che mi buschi un raffreddore per i troppi spifferi.»
«Non fare la furba» protestò Rachel, anche se non poté fare a meno di sorridere. «Se ti copri bene non ti ammali. Mi sono spiegata?»
«Oh, mamma, mi conosci.»
Rachel s'appoggiò all'armadietto delle scope. «Piccola, non ti conosco affatto. Almeno in un cinema al chiuso sarai tenuta a mantenere una condotta corretta.»
«Mamma!»
«Figlia!»
JoAnna divenne seria. «D'accordo. Dirò a Tommy di lasciare perdere il drive-in.»

pag.166-167
Li seguì fino alla Southmore, dove li vide entrare nel parcheggio di un cinema, quindi andò a parcheggiare poco lontano dal loro posto, e attese. I due innamorati scesero dalla Grand Prix per entrare nel cinema, sottobraccio, ridendo all'unisono.
C'erano due lunghe file per il cinema multisala, una per Profezia, l'altra per Amore al primo morso. I ragazzi si infilarono nella seconda.
Il suo orologio segnava le 20.27. Lo spettacolo doveva cominciare alle otto e mezzo, minuto più minuto meno. Contando le presentazioni, la pubblicità del bar e la proiezione, ne avrebbero avuto per almeno due ore. Conoscendo i suoi polli, dopo il film avrebbero avuto qualcos'altro in programma, e non solo per una Coca.

giovedì 7 febbraio 2008

A crude awakening - The oil crash

Il petrolio ha indubbiamente determinato l'avvio della modernità. La disponibilità di una fonte di energia così facile da estrarre e quindi così economica ha dato l'impulso alla mobilità delle persone e delle merci, e la sua duttilità ha permesso la realizzazione di tanti nuovi prodotti, utili e anche inutili.
Purtroppo però l'umanità è da decenni diventata schiava di questa preziosa sostanza, e ciò comporta conseguenze devastanti dal punto di vista economico, politico, ecologico.
Purtroppo questa sostanza si può rigenerare solo nell'arco di migliaia se non milioni di anni, i giacimenti presenti si stanno rapidamente estinguendo, anche se nessuno ce lo vuole dire, e nonostante le incessanti ricerche non si trovano nuovi giacimenti di grandezza tale da garantirci qualche decennio in più di autosufficienza energetica.
Purtroppo le multinazionali del petrolio hanno accumulato un potere superiore addirittura a quello di stati sovrani e pur di conservare ed incrementare il proprio profitto non esitano a compiere azioni fuorilegge o ad affossare iniziative che permetterebbero al pianeta ed ai suoi abitanti un futuro più tranquillo (come ci viene spiegato da un altro bel documentario, Who killed the electric car?).
Purtroppo lo Stato più potente del mondo è anche quello più dipendente del petrolio, consumandone il 25% del totale e avendo solo il 2% delle riserve; questo Stato non vuole minimamente alzare i prezzi della benzina per i suoi privilegiati cittadini allo scopo di tagliarne il consumo, e per continuare ad accaparrarsi questo bene prezioso non esita a scatenare guerre nei paesi in cui si trovano oggi i giacimenti, coinvolgendo anche altri paesi in questa scellerata missione.
Purtroppo questo film bello, istruttivo e ben documentato non è stato comprato da nessun distributore in Italia, perché anche da noi sono veramente minimi gli sforzi per modificare le nostre abitudini autodistruttive.