sabato 25 ottobre 2008

BODYGUARD (Richard Fleischer, 1948)

Tra i mille motivi per cui adoro i film noir ce n'è uno che ho compreso pienamente solo guardando questo eccellente film, e cioè che il noir è forse il genere cinematografico in cui si accoppiano meglio l'aspetto finzionale e l'aspetto realistico. Mi spiego diversamente: storie di pura fiction come sono quelle del noir trovano spesso lo sfondo migliore in locations reali quando non addirittura usando sequenze documentaristiche, e così ci possiamo godere entrambi i gusti della settima arte, il meliesiano e il lumieriano. Se ci pensate bene, questo non succede spesso, in quanto i film realistici tendono a sottrarre troppo alla fiction nel loro sforzo di rappresentare al meglio la realtà, e i film di fiction tante volte tendono a ricostruire un mondo troppo distante dal vero. Per non parlare poi di certi generi come lo storico, la fantascienza, il fantasy o l'horror in cui il realismo viene per sua natura quasi del tutto bandito.
Ciò premesso, Bodyguard mi ha dato anche altri e consistenti motivi di soddisfazione. Assieme al già trattato Armored car robbery, si tratta di uno dei B-movies che Fleischer ha realizzato all'inizio della sua carriera, film durante i quali ha potuto mettere a punto uno stile molto dinamico, con evidenti debiti sia ai grandi classici che ad altri generi come l'horror (basta vedere le carrellate in avanti a stringere sui volti degli attori). Se consideriamo che il plot è tipicamente chandleriano, e quindi hard-boiled con repentini colpi di scena inframezzati da improvvisi lampi di ironia, si capisce come Bodyguard sia altamente entertaining. Tra l'altro, il soggetto è firmato da Robert Altman, e risulta essere secondo l'Imdb il primo soggetto di cui Altman allora solo 23enne è stato ufficialmente accreditato.
A memoria, vi do l'elenco delle locations originali della Los Angeles del 1948 che si possono ammirare nel film: un negozio in cui ascoltare dischi in vinile registrati dagli stessi clienti, un laboratorio per la riparazione di barche, un macello (luogo fondamentale del film), il negozio di un ottico, lo stadio di baseball. Tutto questo condensato in soli 62 minuti!

martedì 21 ottobre 2008

JESUS CAMP (Heidi Ewing e Rachel Gray, 2006)

Avrei voluto scrivere un lungo articolo su questo eccellente film, ma Valido ha già scritto un post perfetto, che dice esattamente quello che penso (tranne che per l'hard rock, che non sopporto) e quindi onore al merito.


Nel film, ci sono solo due momenti in cui mi sono trovato solidale con le fanatiche: la preghiera affinché Power Point non si imballi e il disprezzo verso Britney Spears. Per il resto del tempo sono stato percorso da brividi incontrollabili.
Voglio però solo aggiungere che si trovano in rete dei sottotitoli tradotti in italiano nei quali sono stati aggiunti all'inizio del film dei commenti critici verso il lavoro delle due registe e, sparsi lungo tutto il film, degli estratti di brani della Bibbia che darebbero la spiegazione ai comportamenti dei fanatici che si vedono nel film. Da un punto di vista cinematografico, questo diventa un vero spettacolo nello spettacolo. Dal punto di vista filosofico-religioso, questi commenti non servono a smuovere di un millimetro la posizione di chi non la pensa come questi fanatici. Dal punto di vista etico, è la riprova della loro intolleranza e invadenza.