Feltrinelli 1957-2009,
pagg. 47-48
Nella nostra città i pomeriggi erano lenti e lunghissimi. Da ragazzi, dopo mangiato, non si riusciva a restare in casa: i genitori sonnecchiavano sul letto grande, nella camera in penombra, ma noi non potevamo star fermi. Perciò era meglio uscire, prima di svegliarli e sentirli gridare; ma anche fuori non si sapeva proprio dove sbattere la testa. (...)
L'orologio faceva le tre; ancora un'ora, pensavamo sbadigliando, ma verso le tre e mezzo già cominciavamo a muoverci lentamente. Si faceva la strada piano piano, fermandoci ogni tanto a guardare una vetrina, un manifesto, un cane zoppo, un gruppo di operai della società telefonica che riparavano un cavo lungo il corso. Oltre i portici di piazza del duomo c'era il cinema Savoia, il più grande della città. A quell'ora Sabatino, che faceva da maschera e da operatore, cominciava ad aprire i tre portoni e ad accendere le luci dell'atrio, litigando con noi che volevamo far subito il biglietto ed entrare in platea. Intanto restavamo lì nell'atrio a guardare i manifesti dei film di prossima programmazione, a leggere i nomi degli attori: Sui muri della Cina, con Clark Gable, Wallace Beery e Jean Harlow. Più tardi Clark Gable fece L'ammutinamento del Bounty. Gary Cooper invece faceva I lancieri del Bengala, quasi contemporaneamente alla Carica dei Seicento, con Errol Flynn. Qual era il migliore?
Le discussioni non finivano mai, in attesa che Sabatino accendesse le luci in sala e ci desse via libera. Quando incominciava il film, il cinema era ancora deserto, tranne noi, naturalmente: documentario, cinegiornale, prossimamente, Sabatino proiettava tutto con lunghi intervalli, quasi per guadagnare tempo e mettere in macchina il film solo a platea affollata. Ma a noi non dispiaceva quel ritardo: ci dava tempo di fare i nostri commenti sui film della settimana a venire, di paragonarli ai vecchi, di discutere sulla coppia Jeannette Mac Donald - Nelson Eddy, che avrebbe lavorato in un altro film musicale.