domenica 19 aprile 2009

NIWEMANG - Bahman Ghobadi (2006)

Niwemang è un film pieno di "mescolanze", di intersezioni e sovrapposizioni, ed è anche un film molto mobile, in senso fisico e metaforico.
Vedo di spiegare meglio questo incipit molto criptico. Le "mescolanze" sono davvero tante: innanzitutto a livello produttivo, visto che il film ha una nazionalità estremamente composita, essendo una coproduzione austro-francese-iraniana-irachena, una di quelle ormai comuni operazioni necessarie per permettere la realizzazione di film in paesi che non dispongono di grandi risorse economiche per il cinema e poi soprattutto per dischiudere a questi film una circolazione commerciale nei paesi più importanti (tra i quali ovviamente non c'è l'Italia, in cui Niwemang non è uscito se non alla Festa del Cinema di Roma). A volte queste operazioni produttive danno luogo a film molto standardizzati, pensati appositamente per i festival e per il pubblico d'essai, ma io credo sinceramente che appartenesse più a questo filone un precedente film di Ghobadi che infatti in Italia a suo tempo uscì nelle sale, Il tempo dei cavalli ubriachi.

Niwemang mi sembra molto più originale, meno "etnico" e più moderno, proprio per via di tutte le mescolanze di cui non ho ancora realmente parlato. La più rilevante di esse mi sembra quella che testimonia della condizione di crossover storico e geografico in cui viene collocata la storia: una incredibile, allungatissima genìa di musicisti che viene raccolta dal vecchio Mamo, musicista lui stesso e genitore di tutta la troupe viaggiante su un attrezzatissimo pullman che cercherà di portarli dal Kurdistan iraniano al Kurdistan iracheno, per tenere il primo concerto dopo la fine della guerra e riportare quindi un po' di normalità in quella terra martoriata.
Essendo così "allungata", la famiglia si compone di persone di età molto differenti, dal giovane adulto con pc portatile e collegamento wireless a internet al figlio più anziano che da buon artigiano liutaio vorrebbe starsene in pace nel suo magnifico laboratorio. La famiglia è così un microcosmo di mentalità e atteggiamenti diversi che testimoniano della vorticosa irruzione della modernità nei paesi del Vicino Oriente e della sua mescolanza con la ricca tradizione ancora viva.

Forse anche per assecondare queste diversità, pure il film ha uno stile tutt'altro che lineare, passando di volta in volta da toni di commedia a toni drammatici, alternando anche momenti sospesi di grande realismo ad altri in cui si impongono scelte più rivolte alla rappresentazione del surreale e del sogno. In particolare, trovo molto bergmaniana e decisamente ben fatta la rivelazione che questo viaggio così complesso, irto di ostacoli e di imprevisti, declinerà progressivamente verso la consapevolezza che per Mamo si tratterà del viaggio verso la sua morte. Non solo quindi c'è lo spostamento fisico del gruppo nei quattro paesi in cui è spezzata la terra dei Kurdi (Iran, Azerbaigian, Turchia e Iraq), ma anche l'avvicinamento del capofamiglia, il grande vecchio portatore della tradizione e da tutti conosciuto e rispettato, alla fine dei suoi giorni, come metafora del rischio della scomparsa della tradizione e cultura kurde, minacciate dalla divisione politica e dall'arrivo della modernità.

Forse dalla mia descrizione Niwemang può sembrare un film complesso e pesante; in realtà si tratta di un film, sia pur ricchissimo di temi, dotato di grande freschezza e quindi molto, molto appagante per chi è curioso di vedere luoghi, storie e personaggi diversi dai soliti. Peccato che, essendosi esaurita quella piccola moda del cinema iraniano di Kiarostami e Makhmalbaf, gli acuti distributori italiani abbiano pensato che non valesse la pena di farcelo vedere.