lunedì 30 giugno 2008

Joe R. Lansdale - Tramonto e polvere

(Sunset and Sawdust), 2004
Einaudi, 2005

pag.108
- Che è successo? - chiese Hillbilly.- Non lo so tanto bene, - disse Rooster. - Secondo quanto dice Lillian, quella che stacca i biglietti, questo tipo di colore, che qui chiamano tutti Smoky, è venuto allo sportello e voleva comprare un biglietto. Lei, naturalmente, non glielo ha venduto.
- Fate proiezioni anche di pomeriggio? - chiese Clyde.
- Ogni tanto, - disse Rooster. - Con tutti gli scansafatiche che ronzano qua attorno, il pomeriggio c’è una buona clientela.
- Accidenti, - disse Clyde. - Andare al cinema di pomeriggio. Non è fantastico?
- Lasciamo stare, - disse Sunset. - Vada avanti.
Rooster annuì. - Lillian gli ha detto che questo non è un cinema per gente di colore. Lui le ha chiesto se c’era un settore per neri, e lei gli ha risposto di no. Allora lui è tornato a casa a prendere il fucile. Lillian lo ha visto arrivare e si è gettata sul pavimento della biglietteria. Lui è entrato nel cinema, Lillian se l’è data a gambe ed è venuta a cercarci. Smoky ha fatto uscire tutti dalla sala, e quando siamo arrivati noi con lo sceriffo, lo sceriffo ha cercato di parlargli, ma non è riuscito neanche a passare la porta che Smoky l’ha fatto secco.
(…)
- Eppure, - disse Rooster, - non ho mai sentito nessuno che abbia fatto un tale casino per andare al cinema. E voi?
- Direi di no, - rispose Sunset. - Ma immagino che di solito i cinema abbiano un settore per gente di colore.
- Credo di sì.

giovedì 19 giugno 2008

NO END IN SIGHT (Charles Ferguson, 2007)


Lo so che quello della guerra in Iraq è un argomento che ormai ha stancato tutti, ora poi che da un po' di tempo non ci sono uccisioni di militari italiani se ne parla solo per dovere di cronaca. Al cinema poi, quei film che trattano dell'Iraq hanno avuto ben poco successo: l'unico forse è In the valley of Elah, che comunque ha fatto molto meno di Crash (il film precedente del regista Paul Haggis), e non tanto in assoluto considerato il cast stellare.
Tra i documentari, mi è capitato di vederne uno decisamente brutto (Iraq in fragments) e devo ancora vedere Occupation Dreamland, mentre Redacted di Brian DePalma, pur celebrato in tanti festival, ha avuto negli USA una uscita molto limitata, e in Italia è andato direttamente sul mercato home. Anche il documentario italiano su Fallujah, Angeli distratti, è stato un fiasco totale al botteghino.
Ma No end in sight è un film che merita assolutamente di essere visto. Il suo merito è che si tratta dell'opera di un regista serio, che pospone la spettacolarizzazione delle immagini alla ricerca della verità, mediante interviste ai protagonisti dell'amministrazione USA (e anche con i silenzi di chi non ha voluto farsi intervistare) e con poche, ben scelte, immagini del teatro della guerra.
Il regista Charles Ferguson ha una biografia di tutto rispetto: laureato in Scienze politiche internazionali, è stato consulente di companies come Apple e Xerox, poi è stato uno dei due fondatori della software-house che ha creato FrontPage; una volta venduto FrontPage alla Microsoft, Ferguson è tornato ai suoi studi e ha intrapreso nuove attività come appunto la realizzazione di documentari.
No end in sight è stato candidato all'Oscar 2008 per il miglior documentario e vincitore del Premio Speciale della Giuria al Sundance; la motivazione della Giuria del Sundance spiega perfettamente le qualità del film: In recognition of the film as timely work that clearly illuminates the misguided policy decisions that have led to the catastrophic quagmire of the U.S. invasion and occupation of Iraq.
Quello che vediamo infatti non sono le immagini di dolore straziante che tanto piacciono ai telegiornali, ma invece la ricostruzione delle strategie di conduzione della guerra da parte del governo USA. Strategie del tutto balorde, formulate da personaggi incompetenti come Rumsfeld e Bremer, che non hanno mai diretto corpi militari e non conoscono nulla di politica internazionale e ancora meno della storia e della società arabe. Incompetenti e arroganti nel modo in cui esercitano il potere, essendo l'arroganza l'unica modalità di leadership concessa a chi non possiede conoscenza ed esperienza.
Vengono i brividi a pensare che queste persone hanno in mano le sorti del mondo intero e costituiscono un modello per altri capi di governo dotati della medesima bassa statura, fisica e politica.

lunedì 16 giugno 2008

DELIRIOUS (Tom DiCillo, 2006)


Per me finora è sempre stato un piacere vedere i film di Tom DiCillo, anche se gli unici che ho visto sono Johnny Suede, Living in Oblivion e ora questo suo ultimo Delirious. Credo infatti che DiCillo sia un regista con uno stile e una poetica ben definiti, indipendente fino al midollo ma tutto sommato classico e fluido nella sua messa in scena. Niente filmettini preconfezionati da scuola di scrittura creativa, quindi, e neanche film-verità o cazzuti film di denuncia. DiCillo è una sorta di narratore neoclassico, umanista, cresciuto con gli umori delle new-wave degli anni '70 e dotato perciò di uno sguardo molto empatico verso i losers e molto critico verso lo star-system dello spettacolo americano. E che DiCillo abbia tutte queste caratteristiche lo si capisce anche dal suo ottimo sito-blog, www.tomdicillo.com/blog.
Sarà per questo motivo che, nonostante DiCillo venga sempre trattato benissimo dai festival di tutto il mondo (vedere il palmarès di Delirious per averne la conferma), i suoi film vengono distribuiti malissimo sia negli States che nel resto del mondo (vedere Boxofficemojo per averne la conferma!). In Italia non c'è ancora traccia di questo film ma chissà, forse potrebbe uscire a luglio come riempibuchi o in autunno in una marginale edizione dvd.
Peccato - ancora una volta - perché Delirious è un film che pur non avendo nulla di trascendentale (la storia è in effetti una di quelle "già viste"), è comunque scritto molto bene e quindi la storia pur se prevedibile non annoia, è girato bene ed è piuttosto divertente, essendo trascinato dall'inizio alla fine dal sempre ottimo Steve Buscemi, ovviamente a suo agio nei ruoli di sfigato piagnucolone rompicoglioni.
In sintesi, con Delirious si passano bene due ore in leggerezza, e allora perché non farlo uscire al cine? Anche stavolta non capisco...

mercoledì 11 giugno 2008

Melania G. Mazzucco - Vita

Rizzoli, 2003

pagg.347-348
Lui e Vita andavano al cinema, perché a forza di frequentarsi tutti i giorni avevano esaurito gli argomenti di conversazione, e il buio della sala favoriva colloqui silenziosi - regalando a entrambi una piacevole intimità: a Vita i suoi pensieri, a Geremia la vicinanza di lei. (...) A New York c'erano centinaia di cinematografi. Videro commedie, drammi, storie di rapine e al Fair Theatre, sulla Quattordicesima Strada, perfino l'Inferno di Dante della Milano Motion Photograph. Videro decine di film di cow-boy. A Vita piaceva pensare che mentre Broncho Bill scompariva in sella al suo cavallo tra le ombre lunghe del tramonto, da qualche parte, dietro lo schermo, c'era anche Moe Rosen, il ragazzo ebreo che una volta aveva dipinto per lei e per Lena una finestra sul muro cieco della cucina.
Alla Bella Sorrento, a Thompson Street, con rappresentazioni continue dalle nove del mattino a mezzanotte (ingresso quindici centesimi) davano le "scene cinematografiche che ripetono intera la vita del brigante Giuseppe Musolino". Geremia detestava le storie di briganti - lo irritava profondamente l'idea che gli italiani sapessero far parlare di sé in questa parte del mondo solo quando si mettevano contro lo stato, la legge e l'ordine. (...) Ma quando Vita scelse Musolino, si rassegnò. Non era l'unico sacrificio che era disposto ad affrontare per lei.

martedì 10 giugno 2008

Il calcio fa cagare

Lo dico con assoluta convinzione.
E non c'è neanche bisogno di spiegare perché.
È del tutto evidente.