domenica 30 dicembre 2007

Rolo Diez - Foglie nel vento


(Papel picado), 2003
Tropea, 2006

pag.15
Sullo schermo le vittime si succedono con l'insignificanza di chi non pretende nemmeno di fingere una morte reale. È curioso constatare come il cinema è invecchiato. La prima locomotiva che un secolo fa attraversò lo schermo seminò il panico e fece fuggire la gente dalla sala. Oggi possono massacrare cento cristiani e nessuno interrompe le sue masticazioni. Appena ieri, il primo piano di un seno meritevole metteva in subbuglio il testosterone in platea. Ora le ninfe fornicano con serpenti, con sassofoni, con i sette nani di Biancaneve, con il solo risultato di annoiare lo spettatore. Il miracolo è invecchiato. Gli spettatori sono invecchiati. Velocità e menefreghismo sono diventati i paradigmi dell'epoca.

martedì 18 dicembre 2007

Michel Houellebecq - La possibilità di un'isola


(La possibilité d'une île), 2005
Bompiani, 2005

pag.43
Per collocarlo meglio, bisogna ricordare che in quegli anni - gli ultimi di esistenza di un cinema francese economicamente indipendente - i soli successi attestabili della produzione francese, i soli che potessero pretendere, se non di rivaleggiare con la produzione americana, perlomeno di coprirne le spese, appartenevano al genere della commedia - raffinata o volgare che fosse, funzionava. D'altra parte, il riconoscimento artistico, che consentiva al tempo stesso l'accesso agli ultimi finanziamenti pubblici e una copertura corretta nei media di riferimento, andava prioritariamente, nel cinema come negli altri campi, a produzioni culturali che facevano apologia del male o, perlomeno, rimettevano gravemente in discussione i valori morali definiti "tradizionali" per convenzione di linguaggio, in una sorta di anarchia istituzionale che si perpetuava attraverso minipantomime il cui carattere ripetitivo non ne smorzava affatto il fascino agli occhi della critica, tanto più che essa facilitava loro la redazione di recensioni stereotipate, classiche, ma che potevano però presentarsi come innovatrici.

sabato 15 dicembre 2007

Den brysomme mannen (The bothersome man)


Avevo conosciuto Jens Lien per Natural glasses, un brevissimo folgorante cortometraggio del 2001 in cui già dimostrava di volersi cimentare con il rapporto tra reale e immaginario, o tra mondo dei sogni e l'inesorabile realtà.
Den brysomme mannen è il secondo lungometraggio di Lien, ed è reduce da vari premi ricevuti in Norvegia oltre che dalla partecipazione alla Semaine de la critique del Festival di Cannes 2006. A me ha ricordato molto Fuori orario di Scorsese, per la sua continua invenzione di situazioni via via surreali, grottesche, inquietanti e anche decisamente paurose.
Essendo sospeso sul bilico dell'immaginazione, non è facile definire (se c'è) un senso compiuto a questo film, anche se si fa strada l'ipotesi della critica alla società caritatevole - tipicamente scandinava - che, cercando di prendersi cura dell'individuo in tutti i momenti della sua vita, ne castrerebbe ogni tentativo di slancio anarchico o anche semplicemente fantasioso. Questo può essere dedotto pure dal titolo, che tradotto (almeno quello inglese..) significa "l'uomo fastidioso".
Tant'è, forse non vale neanche la pena di cercare a tutti i costi un senso razionale nel film, perché la nostra fantasia e attenzione vengono stimolate in modo eccellente da tutte le sue inversioni di marcia, così come dalle magnifiche locations norvegesi ed islandesi, dall'uso diegetico del sonoro e da una regia precisa e perfettamente funzionale al racconto.
Insomma, l'ennesima occasione sprecata dai nostri pusillanimi distributori.

p.s. in Romania, paese che noi italiani ultimamente consideriamo abitato da individui subumani, il film è uscito!

lunedì 3 dicembre 2007

PARANOYD


Arriva a Bologna l'8 e il 9 dicembre PARANOYD, un film indipendente prodotto e diretto in un solo giorno da Giuseppe Amodio e M.Debora Farina. Il film sembra essere una vera chicca per gli amanti del cinema di genere, tanto che si è conquistato vari elogi in giro per il mondo e un ottimo riscontro di pubblico al cinema Detour di Roma, dove è stato in programmazione per una settimana.
Non mi dilungo oltre sul film, dato che c'è il sito che contiene tutte le informazioni d'uopo.
Le proiezioni sono organizzate dal Cineclub Fratelli Marx - di cui faccio parte - e si tengono alla Sala Centofiori, in Via Gorki 16 a Corticella. Attenzione perché l'ingresso della sala è più facilmente raggiungibile dalla rotonda in fondo a Via Byron, dove c'è anche il capolinea dell'autobus n.27.
Orario delle proiezioni: 18.30 e 21.30.
L'ingresso è riservato ai soci del Cineclub e costa soli 3 euro. La tessera associativa, volta a sostenere le attività del Cineclub, costa 5 euro, e a chi la sottoscriverà in quest'occasione verrà totalmente scontato il biglietto di ingresso.

sabato 1 dicembre 2007

Stealing a nation


Diego Garcia è la principale isola dell'arcipelago delle Chagos, nel centro dell'Oceano Indiano, a sud delle Maldive.
John Pilger è un giornalista australiano che fin dai tempi della guerra del Vietnam sforna scomodi reportages sulle malefatte dei governi più potenti della Terra verso le popolazioni più povere e indifese.
John Pilger ha realizzato nel 2004 questo documentario in cui ci racconta, con grande chiarezza e determinazione, la sorte toccata ai circa 2000 abitanti di Diego Garcia e delle Chagos. A seguito di un accordo segreto firmato nel 1965 tra Gran Bretagna e Stati Uniti, a partire dal 1966 e fino al 1973 gli isolani sono stati deportati a Mauritius, con un trattamento neanche riservato agli animali, e lì sistemati in slum fatiscenti privi di acqua ed energia elettrica. Tutto ciò al fine di permettere che gli USA costruissero a Diego Garcia quella che oggi è la loro più imponente base militare all'estero: quattromila militari, testate atomiche, bombardieri a lungo raggio che gli scorsi anni hanno colpito Afghanistan e Iraq nelle guerre di democrazia e civiltà promosse da George W. Bush.
Le Isole Chagos erano fino allora un vero paradiso terrestre, popolato da uomini e donne miti e autosufficienti, alcuni dei quali nell'esilio forzato delle Mauritius sono morti di tristezza. Altri combattono da allora una strenua battaglia legale che ha visto, nel 2000, il riconoscimento delle loro ragioni da parte della High Court di Londra. Ciò nonostante, il governo britannico ha ribadito il divieto a tempo indeterminato a fare ritorno sull'isola, per presunti e ridicoli motivi di pericolosità (innalzamento delle acque dell'oceano causato dal global warming) e di costi eccessivi per la rilocalizzazione degli esiliati.
Andate a vedere il sito della base militare americana e vedrete come loro si sono sistemati per bene, e capirete che nessuno più li smuoverà da lì, e che quelle di Londra sono solo l'ennesima menzogna e l'ennesima calata di braghe di fronte all'arrogante strapotere statunitense (anche noi in Italia ne sappiamo qualcosa).
Se questa storia vi ha interessato, allora il mio consiglio è di guardarvi questo ottimo documentario, che mantiene viva l'attenzione su questa incredibile sopraffazione.

Gian Carlo Fusco - Duri a Marsiglia


Einaudi, 2005

pag.105
Soltanto dopo cena, quando andavano a passeggiare sulla Canebière o sul Quai des Belges, le donne si mettevano qualcosa di più pesante, uno scialle o un golf, sui vestiti d'agosto. I cinema all'aperto erano sempre gremiti. Specialmente l'Arène Monte Cristo, dove si proiettava, fin dalla fine di luglio, Quatorze julliet di René Clair, con Annabella (una delle mie attrici preferite) e Georges Rigaud. Lo andai a vedere due volte. E due volte andai anche al Cinema Italia, a vedere La tavola dei poveri di Alessandro Blasetti, dove giganteggiava la straordinaria personalità di Raffele Viviani. Lungo la pensilina del cinematografo, centinaia di lampadine, spegnendosi e accendendosi, facevano scorrere la scritta pubblicitaria: «Ce film n'est pas plu à Mussolini».