mercoledì 24 dicembre 2008

Il passo della tigre - Rolo Diez

Marco Tropea Editore, 2003

pagg.215-216
In strada si ricordò di Castro. Lo maledisse con tutte le sue forze, come se fosse colpa del Giustiziere se lo avevano portato in un cinema per non disturbare, e andò a recuperarlo.
Taxi fino al cinema. Pagare l'ingresso. Cercare nella sala buia. Disturbare gli spettatori. Sentire fischi e voci di protesta: «Ehi grassone, non sei mica trasparente!». E lui un po' disperato e abbastanza stufo, in un tono ancora più alto: «Castro! Giustiziere! Sono Chevelyn. Rispondimi!». Orgia di battute salaci in sala, prese in giro, risa, voci flautate. «Sono qui. Cosa vuoi, caro? Cercami. Prendimi. Sto venendo». Dall'altra parte, voci furiose di quelli che volevano vedere il film: «Idioti. Razza di coglioni. Deficienti. Zitti, imbecilli!». In mezzo all'assemblea, il grido di Castro: «Sono qui, Chevelyn! Tu, dove sei?». Il casino infuriava sempre più. Scontri verbali tra le voci flautate e quelle belligeranti. Chevelyn batteva in ritirata, urlando: «Ti aspetto fuori. Esci subito, Castro».
D'improvviso tutta la sala si mise a vociare. Chevelyn si diresse verso l'uscita inseguito da lattine di bibite, per la maggior parte vuote, da caramelle e pop corn, da un mezzo pasticcino che gli finì spiaccicato contro la nuca. E quando ebbe rivisto la luce del giorno e Castro che arrivava di corsa, allora sì, fu il momento della vendetta per Chevelyn che, rientrato in sala, esclamò: «Viva Hernán Cortés! Viva Kiki Camarena! Hugo Sanchez non è degno neppure di pulire le scarpe a Maradona!». Poi, uscì in tutta fretta, perché il proiezionista aveva illuminato la sala e perché al grido di «Massacriamoli!» venti individui si erano lanciati dalle loro poltrone, e persino quello che staccava i biglietti alla porta aveva cercato di sbarrargli il passo, ma Chevelyn lo buttò per terra con uno spintone, afferrò la mano del Giustiziere e con lui si dileguò a gran velocità.

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