domenica 18 novembre 2007

Kongekabale


È da una dozzina di anni, dai tempi cioè del Dogma 95, che il cinema danese ci propone film molto belli artisticamente e tecnicamente e soprattutto molto morali. Fare un film morale non significa fare film da psicologia minima e banale, come ci hanno malamente abituato i cosiddetti autori italiani. Significa rappresentare temi importanti del comportamento umano e sociale, prendendo posizione rispetto al loro degrado moderno, indotto da quella che io continuo a chiamare la società catto-consumista.
In Kongekabale, come in diversi altri di questi film danesi, è la famiglia il perno della discussione morale. Famiglia che questa volta è impegolata fino al collo nella politica, il che andrebbe bene se non ci fosse un rampollo ribelle, che di professione fa il giornalista e riesce poco alla volta a scoprire tutte le schifezze fatte dal suo nobile paparino e dai suoi amici in doppio petto.
Un tema non troppo originale, certo, ma proprio per questo virtualmente eterno. La messa in scena con toni thriller, la qualità danese e la tensione morale di cui ho detto sopra però rendono questo film assolutamente da vedere.

ps: Kongekabale tradotto letteralmente vorrebbe dire "Il gioco del re", ma il suo vero significato è "un gioco difficile" o "un gioco azzardato", grazie alla mia amica Johanne per l'indicazione.

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